Investire in borsa a Milano meglio di New York azioni restano cheap
In una seduta dall’intonazione negativa per le borse europee, a Milano Piazza Affari resta sopra 40.000 punti, una soglia che ha riacciuffato dopo ben 18 anni. L’indice FTSE MIB ha messo a segno un rialzo di quasi il 12% da inizio anno, che solamente un mese fa era svanito a seguito delle tensioni mondiali sui dazi. Ma è allargando l’orizzonte temporale che emerge la convenienza di questi anni ad investire nella borsa italiana: +138% contro il +100% dell’indice S&P 500 a Wall Street in 5 anni. Sembra uno scherzo, ma praticamente Milano ha fatto meglio di New York dal Covid in avanti.
E il confronto la premia anche con le principali piazze finanziarie europee: +125% il DAX 30 di Francoforte e +83% il CAC 40 di Parigi. E’ andata molto peggio all’FTSE 100 di Londra, con guadagni sotto il 50%.
Piazza Affari resta sottovalutata
Ovviamente, dobbiamo tenere conto che Piazza Affari partiva da livelli infimi e resta ben sotto i massimi toccati nei primi anni Duemila, mentre la borsa tedesca è salita al record storico insieme a quella francese. Eppure, investire nella borsa italiana può confermarsi un affare anche per i prossimi anni. A suggerirlo è il P/e ratio, ossia il rapporto tra prezzi e utili. Esso denota il numero di anni necessari perché il valore delle azioni sai giustificato dagli utili. In altre parole, segnala se una un singolo titolo o un intero indice siano sopra- o sottovalutati.
Il P/e a Milano valeva ieri 12,63 contro il 27 di New York, il 17 di Francoforte e il 18 di Parigi. Cosa significa? Investire nella borsa italiana comporta un esborso molto più basso rispetto alle altre borse principali mondiali, in relazione agli utili.
Dunque, il nostro mercato azionario resta “cheap”, relativamente economico. A titolo di esempio, se le azioni italiane venissero prezzate agli stessi multipli delle tedesche, l’FTSE MIB salirebbe sopra 54.000 punti. Metterebbe a segno un ulteriore rialzo del 35%.
P/e presso le borse mondiali © Licenza Creative Commons
Bassi multipli, forte scetticismo
Non è detto affatto che avvenga. Un P/e basso riflette diverse valutazioni degli investitori, come l’attesa bassa crescita dell’economia domestica, la scarsa capacità di innovazione delle imprese quotate, fattori geopolitici sfavorevoli, ecc. In pratica, le azioni italiane sono comprate “a sconto” rispetto alle altre borse più importanti per il fatto di incorporare previsioni poco positive sull’Italia circa il lungo periodo. Lo stesso declino demografico non gioca a favore di una scommessa sul Bel Paese, il cui mercato interno rischia di regredire di anno in anno per la contrazione della popolazione residente.
Resta il fatto che investire nella borsa italiana sia ancora oggi, dopo il rally di questi anni, “cheap” quanto portare i capitali in Messico. La stessa borsa sudafricana prezza le proprie azioni di più in rapporto agli utili, mentre dietro di noi compaiono solo borse minori come Madrid (11,20) e Atene (9,14). Con tutte le cautele del caso, ci sarebbero margini per una lievitazione dei valori azionari delle imprese quotate a Milano.
Lo dice la matematica spicciola, anche se una vera analisi si basa su statistiche più robuste.
Italiani poco propensi ad investire in borsa a Milano
I primi a credervi, comunque, dovremmo essere noi stessi italiani. A fine marzo del 2024, la nostra ricchezza finanziaria netta ammontava a 5.733 miliardi, di cui meno di 88 miliardi investiti a Piazza Affari e altri quasi 243 miliardi in fondi comuni domestici con impieghi solo marginali sul mercato tricolore. Considerato che il 2024 chiudeva con una capitalizzazione di Milano per 836 miliardi, siamo azionisti di minoranza persino in casa nostra. Prima di supporre che debbano essere gli altri di investire nella borsa italiana, sarebbe il caso che dessimo l’esempio. Ammesso che lo consideriamo un gesto proficuo.
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