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Irene Pivetti, confermata la condanna a 4 anni per evasione fiscale e autoriciclaggio: «Sono innocente, la verità verrà fuori»

di
Luigi Ferrarella

Il processo vedeva al centro una serie di operazioni commerciali, datate 2016, per circa 10 milioni di euro. La sentenza della Corte d’Appello di Milano per l’ex presidente della Camera: «Sono tranquilla»

Anche la Corte d’Appello di Milano, come il Tribunale l’anno scorso, all’esito del dibattimento di secondo grado raggiunge la conclusione che Irene Pivetti, dal 1994 al 1996 più giovane (e seconda donna dopo Nilde Iotti) presidente della Camera dei Deputati al picco della Lega di Bossi e nel vento del primo successo elettorale di Berlusconi, come imprenditrice è stata responsabile nel 2016 di frode al Fisco e autoriciclaggio”. E cioè che, “dopo aver realizzato un meccanismo particolarmente capzioso, pur di scongiurare il rischio che le somme conseguenti alla realizzazione delle operazioni commerciali con il contraente cinese fossero soggette a tassazione, ha portato avanti il suo proposito criminoso per lungo tempo, provando a precostituire successivamente giustificazioni, creando un apposito canale che le consentisse il trasferimento di quelle somme di denaro trasferite su altri conti”. 

Per questo oggi la IV quarta Corte d’Appello (presidente Fagnoni, a latere Centonze e Marchiondelli) ha confermato la condanna di Pivetti a 4 anni di reclusione e alla confisca di 3,4 milioni per le operazioni simulate prima nell’aver acquistato per 1,2 milioni una scuderia di auto da corsa (tre fuoriserie, un autotreno, il sito Internet, il logo con un cavallino Ferrari, pezzi di ricambio storici) appartenente a due società dell’ex pilota di rally Leonardo Isolani e della moglie Manuela Mascoli, e poi nell’averla rivenduta per 10 milioni alla società cinese More & More Investment del gruppo Dahoe. Solo che l’indagine con la GdF del pm Giovanni Tarzia (oggi applicato al processo accanto al sostituto pg Franca Macchia) ha ricostruito che nessuno dei beni, eccetto il marchio, fu davvero trasferito a Pivetti e poi al compratore cinese, il sito Internet era inesistente, le auto rimasero nella disponibilità di Isolani in Spagna, l’autotreno era pignorato. 

Scopo dei venditori (per i quali è stata confermata la condanna a 2 anni con pena sospesa, mentre la figlia della donna, Gloria Giovannelli, era stata assolta in primo grado), sarebbe stato «dissimulare la proprietà dei beni e sottrarli» al Fisco che inseguiva la coppia per 3 milioni di debiti tributari; mentre «l’obiettivo di Pivetti», utilizzando una società di Hong Kong con 10 centesimi di capitale e senza sede o dipendenti o conti, sarebbe stato «acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe» ma «senza comparire in prima persona», in modo da raggirare il Fisco.

«Mi sarei aspettata un esito diverso, ora sono molto curiosa di vedere le motivazioni, ma sono anche molto tranquilla, perché la verità prima o poi verrà fuori, non sono preoccupata», commenta Pivetti a caldo: «La verità è che io sono innocente, come ho sempre detto e anche dimostrato nelle carte di questo processo. Davvero non so come mai sia stata confermata la sentenza».

«Il nostro processo è un processo di prove contro una teoria, contro presunzioni, evidentemente non siamo stati oggi persuasivi», aggiunge il suo difensore Filippo Cocco: . «Vedremo per quale motivo i giudici ritengono che queste presunzioni (perchè tali sono) portate dalla Procura siano prevalenti su prove, testimonianze e documenti, affronteremo con serenità le motivazioni e ovviamente ricorreremo in Cassazione».
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10 dicembre 2025 ( modifica il 10 dicembre 2025 | 12:59)