Con Teach for italy caccia ai prof di talento per combattere le disuguaglianze- Corriere.it

di Maria Teresa Cometto

Andrea Pastorelli lascia l’Onu per tentare qui il cambiamento e lancia Teach for Italy sul modello attivo in 61 Nazioni. Stage formativi per neolaureati interessati all’insegnamento. «Questo non è solo un mestiere e può essere attrattivo»

Una brillante carriera internazionale, da Londra a New York fino a Pechino. Un posto «sicuro» e ben remunerato alle Nazioni Unite. Ma con il cuore sempre in Italia, dove è nato 40 anni fa. Così dopo 17 anni in giro per il mondo, nel 2019 Andrea Pastorelli ha deciso di tornare. «Quando ogni anno venivo in Italia a trovare la mamma – racconta Pastorelli – scoprivo un Paese sempre più povero, sia dal punto di vista economico sia soprattutto dal punto di vista culturale e sociale. A un certo punto ho capito di non poterlo accettare e che era ora di fare la mia parte per il nostro Paese».

All’Onu Pastorelli aveva incontrato l’esperienza di Teach for America, l’organizzazione fondata nel 1989 da Wendy Kopp e ora – come Teach for All – attiva in 61 Paesi nel mondo. «Ho conosciuto i suoi insegnanti in Africa e in Cina – continua Pastorelli – e sono rimasto colpito dalla loro preparazione e dal loro impatto positivo sulle comunità dove lavorano. Quando mi hanno proposto di fondare Teach for Italy, Insegnare per l’Italia, ho mollato tutto e ho deciso di impegnarmi in questa startup educativa».

Resilienza

Dopo poco più di due anni dal lancio, la startup non solo è sopravvissuta alla pandemia mostrando una resilienza notevole, ma sta conquistando un numero crescente di giovani entusiasti della sua missione: combattere le diseguaglianze socio-economiche partendo dalla scuola. «L’attuale sistema è bloccato: il futuro di uno studente – osserva Pastorelli – dipende troppo spesso dal quartiere e dalla famiglia in cui è nato. Noi vogliamo sbloccarlo perché ogni studente abbia l’opportunità di far emergere il proprio potenziale». Oggi Teach for Italy conta 35 giovani insegnanti che Pastorelli, direttore generale dell’organizzazione, chiama «trasformativi»: lavorano come supplenti in 32 scuole «disagiate» perché in aree povere o con altri problemi sociali. E il primo impatto positivo lo si vede già dai commenti degli altri insegnanti che li hanno visti all’opera. «Abbiamo ricevuto molti messaggi via email o sulla nostra pagina Facebook: ci ringraziano per aver dato di nuovo dignità alla professione di insegnante, averla resa “cool”, attraente, ricordando che maestri e professori sono educatori, non “quelli che interrogano”», racconta Pastorelli.

L’intuizione, avuta da Kopp 40 anni fa, è che non tutti i più brillanti neolaureati vogliono tuffarsi subito in una carriera ben pagata nel settore privato. «Noi offriamo – spiega Pastorelli – un percorso formativo di alto livello a giovani che per due anni vogliono impegnarsi nelle scuole per avere un impatto positivo sulla società. E abbiamo scoperto che moltissimi talenti sono attirati da questa prospettiva perché vogliono un lavoro che abbia significato per loro». Per il primo anno scolastico, il 2020/2021, si sono candidati in 500 e solo 15 sono stati scelti da Tech for Italy. Per il 2021/2022, 600 candidature, 20 scelti. E per il prossimo anno, 2022/2023, la scadenza per candidarsi è alla fine di questo aprile: 40 i posti in palio (per saperne di più: www.teachforitaly.org). La selezione è lunga (sette passaggi in tre mesi) e rigorosa. Conta poco il curriculum vitae: «Lo chiediamo solo alla fine. Prima vogliamo sapere che cosa un candidato sa fare, che spinta ha, quanto crede che insegnando possa cambiare l’Italia».

Tecniche innovative

I selezionati frequentano sei settimane di scuola in estate dove imparano tecniche innovative di insegnamento incentrate sullo studente, visto non come un cervello da riempire di concetti, sottolinea Pastorelli: «Puntiamo a crescere i ragazzi non solo a livello didattico, ma anche come persone e come leader con un ruolo attivo nella comunità». Le nuove reclute di Teach for Italy imparano anche il modo giusto di inserirsi nelle scuole, collaborare con gli altri insegnanti, dialogare con i genitori. Poi sono continuamente seguiti da tutor. Così sono riusciti, in questi due anni stravolti dal Covid, a farsi apprezzare per come hanno aiutato a organizzare in modo efficace la didattica a distanza.

Costanza Luna e Riccardo Gay sono due casi emblematici dei talenti attirati dal modello Teach for Italy. Laureata in Finanza, Luna aveva iniziato a lavorare in una banca d’affari a Milano, poi era diventata dirigente della grande catena di supermercati Lidl in Italia, guadagnava bene ma si sentiva «vuota». Ora sente di «fare la differenza» insegnando matematica e scienze in una scuola media in provincia di Torino frequentata da figli di immigrati da mezzo mondo. Gay, un matematico puro, era analista per la prestigiosa società di consulenza Accenture, ma, come spiega, era insoddisfatto e cercava qualcosa per cui sentire che valesse la pena spendersi: l’ha trovata con Teach for Italy. Ora insegna tecnologia, informatica e matematica in un centro di formazione professionale a Saluzzo, in provincia di Cuneo. Dopo i due anni di insegnamento, Teach for Italy – insieme ai suoi partner pubblici e privati, fra cui ci sono la Fondazione Agnelli e la Compagnia di San Paolo – aiuta i suoi «fellow» a trovare lo sbocco giusto per loro.

Il caso Londra

«In qualsiasi carriera vogliano impegnarsi, anche nel settore privato, saranno migliori professionisti e innovatori sociali», sostiene Pastorelli. L’obiettivo è essere presto in 200 scuole italiane.


«Siamo consapevoli – precisa – che i risultati arriveranno solo nel lungo periodo, almeno dieci anni dopo l’inizio del nostro intervento. Stiamo raccogliendo dati sulla nostra piattaforma di valutazioni, che condivideremo con le scuole. Ma l’esperienza di Teach for All collaudata in altri Paesi mostra già l’efficacia del metodo: in America a Detroit, Washington DC e nei ghetti di Los Angeles, nell’area Est di Londra e a Mumbai in India, il nostro impatto positivo è mostrato proprio dai dati. Per esempio le scuole di Londra dal 2003 al 2011 sono passate dall’essere le peggiori in Inghilterra a quelle con la più alta percentuale di istituti eccellenti».

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8 febbraio 2022 (modifica il 8 febbraio 2022 | 03:05)